Mio padre partecipo’ “au tournage “di questo film nel 1971
Tra i film più misteriosi della cinematografia italiana. Su Le leonesse (o La casa aperta agli ospiti, come titola il 45 giri contenente la colonna sonora – Poppi riporta i due titoli come film distinti, nel “Dizionario dei registi”, ma sono la stessa cosa) non è stato finora scritto nulla, perché nulla si è mai saputo su questo “ufo” diretto da Oscar Righini nel ’70, interpretato da Don Backy. Nella recente intervista apparsa su Nocturno, proprio Don Backy aveva raccontato un paio di aneddoti su quest’opera, che peraltro ricorda essere stata diretta “da un regista col cognome greco” e non da Righini (il francese Henry Zaphiratos, che di fatto sui contratti degli attori è indicato come co-regista del film – vedi foto).
Le leonesse nasceva sulla scorta di un copione scritto dal suddetto Zaphiratos e da Luigi Ambrosini: una storia di taglio psicologico, teatrale, con forti ambizioni autoriali; tanto che la Direzione Generale dello Spettacolo, esaminata la sceneggiatura, aveva espresso qualche perplessità al riguardo: “Lavoro di impostazione psicologica che, pur redatto con cura e con un buon approfondimanto dei caratteri, lascia una certa sensazione di freddezza, per il taglio forse un po’ troppo letterario e quindi non del tutto realistico con cui personaggi e situazioni sono descritti. (….) Perché il film ottenga, dunque, quel successo che tutto sommato meriterebbe, occorrerà buona cura in sede di realizzazione, specie per quanto concerne l’interpretazione”. Le riprese iniziarono il 24/6/’70 e si protrassero per 32 giorni, tra Tirrenia, Torvaianica ed Anzio, malgrado lo script ambientasse la vicenda in una non meglio precisata isola della Sicilia. Il budget del film, messo insieme dalla Vaguar Film di Liana Di Leo e dalla Kilimangiaro Film di Luigi Molozzi ammontava a 128.000.000 e il personale artistico era composto da soli sei attori: quattro italiani (Carla Romanelli, Don Backy/Aldo Caponi, Edda Di Benedetto e il C.S.C. Lorenzo Piani), un’ austriaca (Nadja Tiller) e un francese (Daniel Ceccaldi, la cui presenza, assieme a quella dello sceneggiatore/regista Zaphiratos, lascerebbe presupporre una quota produttiva transalpina, sebbene non risulti sui documenti ufficiali – una parte del budget, d’altronde, proveniva da prevendite estere).
seguito> Alessio Di Rocco